4 Novembre 2016

“Il cambiamento non ha prezzo”

Fabio, 25 kg persi in anno, uno stile di vita sano in sella alla sua bicicletta. Quando la motivazione umana non ha limiti.

“La motivazione umana non ha limiti”

Lo dice Fabio e a ragion veduta.

Lo dice perché l’ha provato. L’ha vissuto. Lo sa che volere è potere.

Tutto il resto sono orpelli di cui possiamo fare a meno.

Il cambiamento. Ha sempre un prezzo, il cambiamento.  Difficilmente cade dall’alto. Difficilmente accade e basta. Più verosimilmente è un processo lento, articolato, duro, di cui possiamo vedere l’inizio ma raramente la fine.

Quando possiamo dire di essere cambiati davvero? Cosa ce lo assicura? Chi?

28 febbraio del 2014, Fabio arriva a pesare 103 kg. In quello stesso periodo a causa di una nefropatia diabetica è costretto a camminare col bastone. Questo è il periodo in cui tiene la glicemia alta, per evitarsi crisi ipoglicemiche. Uno stile di vita sbagliato da qualunque parte lo si guardi. “Perché è successo?” chiedo, “Perché non mi sono voluto bene per molti anni” mi risponde.

È una frase forte e ci soffermiamo un po’. È difficile comprenderla, ma ancora più difficile è ammetterla.

Capire di non essersi voluti bene, di essersi abbandonati, di essersi dimenticati di sé stessi, costa fatica.

Eppure Fabio lo racconta tranquillamente, perché quel momento della vita l’ha metabolizzato. È passato. È andato. Ci è voluta una bicicletta, una determinazione di ferro, una dieta equilibrata, l’aiuto costante di specialisti. E i kg sono scesi, poco alla volta fino ad arrivare a 78 kg.

25 kg in meno in un anno, con la conseguente possibilità di essere preso in carico dal San Raffaele di Milano nella lista attiva per il trapianto di cellule pancreatiche.

Da 20 anni Fabio è inserito all’interno delle sperimentazioni mondiali. Mi racconta di aver sperimentato tutti i microinfusori. Ha visto la medicina avanzare e l’ha provato, fuor di metafora, sulla sua pelle.

Il trapianto di cellule pancreatiche è l’ultima avventura in ordine di tempo. Ma Fabio è uno che se ne inventa una al giorno, anche al lavoro. Una persona attiva, appassionata, energetica.

Una persona che ha accolto il suo diabete in maniera totalmente atipica, accettando l’esordio, circa 20 anni fa, con una bizzarra “euforia”.

“Ai tempi mi sentivo forte, invincibile. Non mi farò certo spezzare dal diabete, mi dicevo…”

Ma poi a distanza di un anno è sopraffatto da una crisi profonda, accompagnata da frustrazione e conseguente depressione.

Sono anni bui. Anni impossibili.

Si lascia andare, ha solo voglia di dimenticare.

Ma il diabete non si fa dimenticare, non sparisce ignorandolo. Anzi, peggiora. Si fa sentire. Scalpita. Urla.

E finalmente Fabio decide di ascoltare.

La glicemia con la quale deve combattere diventa “amata glice” (#amataglice) un vezzeggiativo inaspettato, che cela un percorso interiore molto profondo.

Amata, non più odiata.

Amata, perché accettata.

Amata glice, perché la vita è dovuta cambiare, e lui insieme a lei.

E quella vita sana che si è scelto, a suo parere, dovrebbe essere patrimonio di tutti, persone con diabete e non.

Quella soddisfazione, mentre si attraversano montagne con la bici, si scala una vetta, si suda pedalando per ore, e si arriva a fine settimana – dopo cinque allenamenti – stanchi ma profondamente appagati, dovrebbe essere appannaggio di ogni persona. Quella soddisfazione – una soddisfazione – che nessuno ti può togliere.

Si affrontano montagne. Il diabete è una montagna, e si può scegliere di guardarla dal basso verso l’alto – e allora sembrerà spaventosamente enorme – o salire fino in cima e guardarla dall’alto – resterà grande, ma non enorme, non inaccessibile. Cambiare prospettiva.

Cambiare. Punto.

“La motivazione umana non ha limiti”, mi ripete e lo si può leggere anche sul suo blog (http://www.fabiobraga.it/). Non lasciatevi ingannare, si chiama “Pedali di zucchero”, ma niente viene edulcorato. Racconta della sua vita esattamente com’è.

“È molto facile piangersi addosso, o scivolare in meccanismi di autolesionismo” mi dice “Soprattutto perché di fronte al diabete, spesso, ci si sente soli. Ecco perché è importante appoggiarsi alle associazioni, parlare, confrontarsi, ascoltare le storie degli altri. Poi ognuno ha la sua. Ogni esperienza è unica, ma non a sé”

Non siamo isole. Piuttosto, semmai, montagne.

Patrizia Dall’Argine

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