5 Febbraio 2018

Diabete e attività fisica (e sportiva)

Diabete e attività fisica (e sportiva)

 

I rapporti esistenti tra diabete (tipo 1 in particolare) e attività fisica o sportiva sono estremamente complessi poiché regolati e governati da molteplici attività come quella nervosa autonoma, ormonale, metabolica, ecc.

Per tale motivo, prima di affrontare questo argomento bisogna fare alcune premesse e chiarimenti di ordine specifico ma anche generale

  1. Parlare di consumo calorico e riduzione della glicemia non devono essere considerati sinonimi. Ad un consumo calorico maggiore non sempre corrisponde una riduzione della glicemia maggiore. Se vogliamo ribaltare il problema (per cercare di capirci) ad un introito calorico maggiore non sempre corrisponde un aumento glicemico maggiore. Dipende tutto da che fonte energetica otteniamo le calorie o, viceversa, sotto forma di quale fonte energetica introduciamo calorie. Noi possiamo introdurre calorie sotto forma di carboidrati puri e semplici come il saccarosio (zucchero da cucina) in quantità di circa 4 Kcal per grammo di saccarosio, oppure sotto forma prevalente di proteine (ad esempio carne) in quantità di circa 4 Kcal per grammo di proteine, oppure sottoforma di lipidi (olio ad esempio) in quantità di circa 9 Kcal per grammo di olio. E’ a tutti noto che le due ultime fonti energetiche (proteine e lipidi) tendono a non far aumentare la glicemia, al contrario dell’altra fonte energetica (zuccheri). Chiarito questo va da sé che se consumiamo, durante l’attività fisica o sportiva più lipidi o proteine il “calo” glicemico sarà inferiore all’atteso in quanto fonti energetiche diverse dal glucosio hanno “provveduto” a fornire calorie.
  2. La fonte energetica che di volta in volta fornisce le calorie richieste dipende da numerosi fattori. Tra questi ricordiamo: il tipo di attività fisica o sportiva, l’ambiente in cui si pratica (temperatura, pressione, presenza di ossigeno, ecc.) ma soprattutto il livello di insulinizzazione esistente al momento della pratica sportiva. Anche per questi concetti bisognerà fare un po’ di chiarezza. Cominciamo con una considerazione (valida soprattutto per diabete mellito tipo 1). Se la glicemia al momento dell’inizio dell’attività è normale vuol dire che il grado di insulinizzazione è adeguato. Se, invece, il livello di glicemia è basso vuol dire che il grado di insulinizzazione è eccessivo. Al contrario, ovviamente, se la glicemia è elevata significa che il grado di insulinizzazione non è sufficiente. Questo concetto (che oramai è conosciuto anche dai bambini della II elementare) tuttavia nasconde in sé una importantissima ricaduta: in carenza di insulinizzazione il consumo di glucosio viene ridotto ma, soprattutto, viene ancora più ridotto il blocco fisiologico che l’insulina attua nei confronti del consumo di lipidi (grassi) e della scissione del glicogeno epatico (vedi dopo) in glucosio circolante. L’insulina, infatti, e questo concetto non è così conosciuto, prima di essere l’ormone che favorisce l’utilizzazione del glucosio è l’ormone che riduce sino quasi a bloccare l’utilizzazione dei lipidi e che blocca l’immissione in circolo di glucosio da parte del fegato. Ne va da sé che se si comincia un’attività fisica in carenza (anche non particolarmente importante) di insulina si va incontro ad un consumo di lipidi eccessivo e ad un consumo quasi inesistente di glucosio che viene inoltre fornito in eccesso dal fegato. Che ricadute ha questo concetto nel nostro comportamento. Teoricamente non iniziare mai un’attività fisica in fase di iperglicemia senza una “degna” copertura insulinica poiché andremmo fatalmente incontro ad almeno 2 problematiche
    1. Mancata riduzione della glicemia (scarso o nullo consumo di glucosio)
    2. Aumento del consumo di lipidi con formazione dei maledetti corpi chetonici (sostanze derivate dal consumo di grassi in assenza di contemporaneo utilizzo di glucosio)

Anche il tipo e l’intensità dell’attività fisica o sportiva che si esegue influisce sulla “scelta” che l’organismo fa nel favorire l’utilizzo o meno di una fonte energetica piuttosto che un’altra.

  1. Riposo e attività leggera, attività intensa, aerobiosi, anaerobiosi, allenamento, ecc. Tutti questi  fattori (ed altri) influiscono sulla fonte energetica che l’organismo utilizza di volta in volta. Partiamo, anche in questo caso, da alcuni presupposti ed esempi
    1. Riposo o attività fisica molto moderata (come ad esempio cammino lento): in questa situazione vi è abbastanza ossigeno per far bruciare i lipidi che hanno assolutamente bisogno di ossigeno per essere consumati (beta ossidazione degli ac. grassi). Il consumo di lipidi è circa al 70% mentre i glucidi forniscono il 30% circa. Le proteine (strutture nobili) tendono ad essere risparmiate sino all’ultimo. Gradatamente passando dal riposo ad un cammino lento il consumo di grassi e di glucosio tenderà a pareggiare (50%-50%). Con un ulteriore aumento dell’attività fisica vi sarà una richiesta di calorie ancora maggiore; in questo caso rientreranno in scena i grassi (maggior fonte energetica rispetto agli zuccheri) che torneranno ad essere ancora la fonte energetica prescelta con un ritorno al rapporto di consumo del 70% di lipidi contro un 30% di glucidi. Peer avere un’idea di quando o come ciò si verifichi calcolate circa almeno 20-25 minuti di cammino o circa 10 minuti di corsa leggera (massimo 10 Km/ora). Aumentando l’intensità dell’attività (ad esempio camminando o correndo via via più velocemente) o la lunghezza temporale dell’attività si passerà dall’aerobiosi (presenza di ossigeno a sufficienza) all’anaerobiosi (presenza di ossigeno non sufficiente) in quanto tutti i sistemi di compenso messi in atto (aumento della frequenza cardiaca e respiratoria in particolare) non riusciranno a fornire la quantità di ossigeno necessaria.
    2. Attività fisica più intensa (anaerobiosi): in questa fase i lipidi, in assenza di ossigeno, non possono essere utilizzati e bisognerà ricorrere per forza al glucosio. Esistono 3 fonti di glucosio:
      1. Glucosio circolante (circa 6 grammi) ovviamente del tutto insufficiente e assolutamente non utilizzabile
      2. Glucosio contenuto nel glicogeno muscolare (circa 400g per circa 1600 Kcal): questo è utilizzato per sforzi fisici in anaerobiosi e prolungati (resistenza ed endurance). Ricordo qui che il glucosio contenuto nel glicogeno muscolare non può mai andare a rimpiazzare eventuali cali di glucosio circolante
  • Glucosio contenuto nel glicogeno epatico (fegato): più che al consumo energetico è deputato alla regolazione del glucosio circolante e provvede a mantenere i suoi livelli in caso di riduzione della glicemia.

Il glicogeno (quindi in ultima analisi il glucosio) dunque è la fonte energetica dello sforzo fisico intenso e prolungato. Alla fine dello sforzo fisico, con la fase di recupero i lipidi potranno essere riutilizzati ma bisognerà porre attenzione al ripristino delle riserve di glicogeno esaurite. In questo caso bisognerà introdurre carboidrati (zuccheri semplici e complessi) per ripristinare le scorte esaurite (circa 500 g). Ma attenzione a 2 problemi:

  1. Nessun ripristino delle scorte avverrà in carenza anche relativa di insulina
  2. Il ripristino durerà anche 12 ore (il glicogeno muscolare consumato è molto lento nel riformarsi per cui bisognerà monitorizzare la glicemia al fine di prevenire ipoglicemie tardive)

 

  1. Allenamento:                                                                                                                                Un altro fattore che influisce direttamente sul consumo energetico e sulla fonte energetica consumata (e quindi sui livelli glicemici) è il grado di allenamento. Cerchiamo di capire perché. Che cosa si intende, innanzi tutto per allenamento: si intende il livello di adattamento che si riesce ad ottenere (attraverso il ripetere alcune attività muscolari, esercizi, ecc.) dell’organismo ad un certo lavoro. In pratica si tratta di aumentare l’efficienza (aumento di lavoro/tempo) di uno o più gruppi muscolari ed in generale dell’organismo ad effettuare un certo lavoro. L’efficienza in pratica non risulta altro che nella capacità di sfruttare al massimo le proprie riserve energetiche. Dunque l’allenamento migliora la prestazione sia in risultato sia in durata. Ma come si ottiene ciò?
    1. Con un aumento del volume muscolare e della forza, della velocità di contrazione e della potenza muscolare attraverso l’aumento di volume della massa muscolare associato ad un contemporaneo impressionante aumento della capillarizzazione del flusso sanguigno
    2. Con un aumento della coordinazione neuromuscolare (il ripetere esercizi simili provoca automatismo)
  • migliore dinamica del sistema cardio-polmonare con aumento degli spazi respiratori e incremento delle riserve cardiache e coronarica, maggiore portata cardiaca
  1. migliore utilizzazione periferica dell’ossigeno durante il lavoro;

 

Per concludere prevedere quante calorie (sempre grossolanamente) si possano consumare durante un esercizio fisico può sembrare semplice (vedi tabelle disponibili a iosa su internet). Molto più difficile risulta il prevedere quale fonte energetica verrà utilizzata di volta in volta essendo la regolazione molto complessa. Ho cercato di fare chiarezza su alcuni punti ma rimane sempre una variabilità biologica (ad esempio tra soggetto e soggetto o all’interno dello stesso soggetto) che non è quantificabile.

Che consigli dare:

  1. Misurare la glicemia prima e dopo (anche a distanza di ore) dall’esercizio
  2. Non iniziare l’esercizio senza la sicurezza che il livello di insulinizzazione sia adeguato
  3. Calcolare il consumo calorico e il consumo in glucidi a seconda della tipologia di esercizio (esercizio leggero e aerobico non lungo lipidi circa 60% della fonte energetica). Ad esempio per un consumo di 300 Kcal solo 120 Kcal deriveranno da glucidi (circa 30 g)
  4. Derivare l’apporto di zuccheri necessari al mantenimento della glicemia e alla prevenzioni delle ipoglicemie immediate e tardive dai dati ricavati dall’esperienza
  5. Non pensare mai che un giorno sia identico all’altro

 

 

Scritto in collaborazione con il Prof. Gabriele Allochis ex Primario Diabetologia di Novara

 

 

 

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